Premessa
Con questo termine s’intende indicare quelle metodologie di studio in grado di individuare la “risposta” del terreno, in un certo sito, rispetto all’azione sismica attesa.
Considerato che, per le costruzioni, l’azione di maggior interesse è quella orizzontale, la RSL si concentra sullo studio della propagazione delle onde “S”, dette anche “di taglio”. Si tratta di onde di volume, quindi con forte attenuazione geometrica a livello energetico.
La velocità, in un mezzo solido omogeneo e continuo, dipende solo dal modulo di taglio G e dalla densità r, secondo la relazione:
Vs = (G/r)½ (velocità di fase dell’onda)
Quando le onde meccaniche attraversano strati diversi con diverse caratteristiche meccaniche (r, G) manifestano i seguenti comportamenti:
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Cambiano direzione, secondo le leggi della rifrazione, tendendo ad arrivare in superficie secondo la verticale; in parte vengono riflesse;
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Cambiano velocità (in funzione di r e G);
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Arrivando in superficie cambiano forma, generando onde di superficie (Onde di Rayleigh e Onde di Lowe).
Autore: Facciorusso
In sintesi, attraversando strati variamente deformabili, le onde di taglio arrivano in superficie con meno energia ma completamente modificate. Lo studio più importante, quindi, è quello che mira a definire come cambia il segnale sismico delle onde S, tipicamente un accelerogramma, passando dagli strati più profondi e rigidi fino alla superficie, dove si trovano gli edifici.
Accelerogramma registrato in superficie: si distinguono le varie onde e la loro importanza
Le caratteristiche dell’ accelerogramma nell’ipocentro dipendono fortemente dal tipo di meccanismo che si sviluppa nella faglia e dalla Magnitudo. Inoltre gli eventi sismici di elevata magnitudo presentano maggiori componenti in bassa frequenza (periodo lungo) e quindi lunghezza d’onda lambda maggiore (lambda = Vs * T).
Già di per sé possono esistere eventi di magnitudo talmente forte da mettere a dura prova qualsisi struttura antisismica collocata a poca distanza dall’epicentro. Uno di questi, famoso in quanto fra i primi ad essere registrato strumentalmente, e quindi studiatissimo, è quello di El Centro. A prima vista non pare un accelerogramma devastante, in quanto i picchi di accelerazione non sono fortissimi così come la magnitudo (circa 7). Tuttavia quello che non si coglie “a occhio” sono le armoniche di cui è composto; inoltre, osservandolo bene, si nota anche una durata notevole, che ha sottoposto le strutture a molti cicli di sollecitazione.
Accelerogramma di El Centro – Magnitudo 6.9
Il caso più insidioso, in realtà, è quello in cui si manifestano forti modificazioni del segnale per gli effetti di sito, anche a grande distanza. Infatti il segnale sismico, dall’ipocentro in poi, dipende dale caratteristiche meccaniche terreni attraversati, dai contrasti d’impedenza dinamica, dalle distanze e dagli effetti topografici. In caso di terreni fortemente deformabili, come nel caso della figura sottostante, anche a forti distanze l’azione sulle strutture può essere notevole e quindi non può assolutamente essere sottovalutato.
Segnale dovuto allo stesso evento (Città del Messico 1985), registrato in zone diverse
Spettri di risposta calcolati per registrazioni effettuate in diversi siti (Seed a altri 1976)
L’approccio ingegneristico al problema della Risposta Sismica Locale (RSL)
Gli studi, a livello di ricerca, risalgono principalmente agli anni ‘70 del secolo scorso, con l’utilizzo dei dati disponibili all’epoca (registrazioni analogiche di segnali). Questi studi hanno subito una forte accelerazione negli ultimi anni, per molti motivi: sia per l’avvento di registrazioni digitali, sia per la messa in rete delle stesse a livello mondiale, sia soprattutto per effetto delle più recenti normative (NTC 2008) che ne hanno messo in risalto l’importanza, ed infine per la grande diffusione di codici di calcolo a basso prezzo.
Nella normativa vigente (NTC 2008), la risposta sismica locale è messa in conto, in via semplificata, tramite un criterio generale di variazione degli spettri di risposta in accelerazione. Il parametro utilizzato è il coefficiente “S”, definito come:
S = Ss ? St
dove: – Ss è il coefficiente di amplificazione stratigrafica;
– St è il coefficiente di amplificazione topografica.
Si tratta quindi di una trattazione molto semplificata del problema, ma in molti casi sufficientemente attendibile, a condizione che sussistano le condizioni di “semplicità” del caso specifico da analizzare, specificate in normativa. In alternativa si può modellare il comportamento del suolo (studio RSL).
In alternativa è possibile procedere con una analisi di RSL, la quale richiede comunque, ove possibile, delle semplificazioni per poter essere affrontato. Per capire se è possibile ricondurre l’analisi ad un modello di RSL semplificato ma attendibile, prima di tutto, occorre considerare:
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le condizioni topografiche-orografiche del sito. Si distinguono:
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Siti di pianura, quindi pianeggianti;
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Siti di montagna, o comunque non pianeggianti, con pendenze non trascurabili;
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La stratigrafia, con particolare riguardo alle caratteristiche meccaniche degli strati e alla loro giacitura;
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La presenza di eventuali problemi di liquefazione (in pianura) o rischi di frana (in montagna).
Per i siti di montagna non esistono modelli “semplici” di risposta sismica locale. Se non è possibile quindi utilizzare le indicazioni semplificate di normativa, la risposta deve essere studiata con modellazioni sofisticate e complesse, solitamente 3D.
Per i siti di pianura, invece, in molti casi vi è la possibilità di modellazioni semplificate di RLS, di tipo monodimensionale (1D), che vengono trattate sinteticamente in questa sede.
Il segnale (in accelerazione), sia in ingresso che in uscita, viene studiato solitamente con l’utilizzo dell’analisi armonica, scomponendolo in tutte le sue armoniche elementari tramite sviluppi in serie. E’ possibile quindi anche, tramite le trasformate di Fourier, studiare il contenuto in frequenze, con le relative ampiezze, periodi e lunghezze d’onda. Tali metodi valgono solo in campo elastico lineare, quindi con le ovvie limitazioni che ne conseguono.
Il segnale in ingresso
Lo studio della risposta di sito è fortemente condizionata dalla scelta degli accelerogrammi di input. Questa quindi è una prima fase molto delicata.
Per scegliere in modo attendibile questi accelerogrammi occorre valutare, prima di tutto, la magnitudo attesa. Per far questo è utilissima la base dati interattiva di INGV, che riporta, tramite le coordinate di sito, il data base dei sismi utilizzati per lo studio di pericolosità, con la possibilità di individure le zone sismo-genetiche, gli accelerogrammi di riferimento, la magnitudo più probabile o anche la massima attesa.
Vi sono poi software, alcuni disponibili liberamente in rete, tipo SIMQKE o REXEL, in grado di generare una sequenza di accelerogrammi compatibili con i dati di sito e compatibili con lo spettro di normativa, che per gli studi di RSL deve ovviamente essere per il suolo A (roccia). Tale argomento, ancora oggetto di ricerca, risulta molto dibattuto, soprattutto per quanto riguarda le operazioni di scalamento dei segnali. Senza entrare in questo argomento, in genere l’utilizzo di più segnali, di tipo e origine diversa, fornisce sufficienti garanzie di attendibilità dell’input sismico che costituisce l’azione da assegnare al Bedrock.
Serie di Accelerogrammi di input (naturali) selezionati per un determinato sito da assegnare al Bedrock
Il modello meccanico
Vi sono più tecniche per modellare il comportamento del terreno in campo dinamico. Il caso più generale, ma che comporta oneri computazionali enormi, è quello della modellazione FEM non lineare, che prevede modelli meccanici del terreno di tutti i tipi, e che richiede ovviamente una conoscenza approfondita di tutti gli strati attraversati. Occorrono ovviamente software specifici, attualmente utilizzati solo in ambito di ricerca e raramente in ambito professionale.
Quando è possibile ricondurre il problema ad una sequenza di strati piani, omogenei e paralleli fra loro, poggianti su substrato rigido (velocità di almeno di 700-800 m/s), il problema si semplifica molto. Nel caso però di terreni fortemente deformabili e magnitudo abbastanza alte, che è il caso di normale interesse, la risposta in superficie è governata principalmente dal comportamento non lineare del terreno, dallo smorzamento e dalle curve di decadimento in funzione dei cicli subiti; e ciò varia, per ciascun materiale. La modellazione può poi cadere in difetto per terreni molto deformabili e magnitudo alte, dove i livelli deformativi posso risultare molto alti, generando il degrado del materiale, variazioni volumetriche permanenti e, in alcuni casi, la liquefazione (nei terreni saturi).
Trattandosi comunque sempre di analisi non lineari, il problema resta complesso. Dal punto di vista computazionale la via più semplice è quella delle analisi “lineari equivalenti”, le quali, tuttavia, non danno sempre risultati precisi. In realtà però, come in tutti i problemi dell’ingegneria, ciò che conta è capire la sostanza del comportamento del terreno più che azzeccare il numero preciso.
La caratterizzazione meccanica degli strati, solitamente, deve essere effettuata per via diretta, ad esempio tramite determinazione delle Vs dei vari strati, da cui ricavare G.
Il segnale in Output: la funzione di trasferimento
Scopo finale delle analisi di RSL è determinare la funzione di trasferimento, chiamata anche impropriamente di amplificazione. Questa rappresenta i rapporti di ampiezza fra output (es. in superficie) e input (Bedrock) in funzione delle frequenze (o i periodi). Alcune frequenze si ampliano (rapporto >1), altre si attenuano (rapporto <1).
Esempio di Funzione di trasferimento (rapporti di ampiezza in funzione della frequenza). Si nota un picco a 4 Hz
Di conseguenza risulta definito anche l’accelerogramma in superficie, così come modificato dagli strati attraversati.
Serie di Accelerogrammi : Output (risultato in superficie)
E’ possibile visualizzare molti altri dati dell’analisi, come ad esempio il profilo delle accelerazioni lungo gli strati attraversati, le velocità, il livello deformativo raggiunto, ecc. Inoltre può essere calcolato lo Spettro di risposta classico: in accelerazione, elastico, con smorzamento strutturale al 5% rispetto al critico.
Spettro di risposta elastico in accelerazione (indice smorzamento al 5%) calcolato tramite RSL:
in viola quello da NTC 2008; in rosso quello medio calcolato
Utilizzo dei risultati
L’accelerogramma in superficie può essere utilizzato direttamente per l’analisi strutturale, tramite analisi time history (strada non semplice e densa di ulteriori problematiche) oppure, più semplicemente, può essere ricavato lo spettro di risposta in accelerazione (medio) per effettuare un’analisi modale con fattore di struttura (o di comportamento).
Non sempre è possibile distinguere “a occhio” le modifiche intervenute fra l’accelerogramma di input e quello di output. Più immediato invece è il confronto dei relativi spettri di Fourier, cioè i grafici delle ampiezze in funzione delle frequenze, oppure la visualizzazione della funzione di trasferimento, vista in precedenza. Il più intuitivo, e di più comune utilizzo, è lo spettro di risposta (della struttura) in accelerazione, derivante dall’accelerogramma di RSL.
Nel caso riportato sopra, la frequenza di picco nella funzione di trasferimento (circa 0.4 Hz, corrispondente a T=0.25 s) risulta evidente nello Spettro di risposta soprastante.
L’utilizzo dello Spettro di risposta in (pseudo)accelerazione, ancorchè comodo, risulta quasi sempre a favore di sicurezza e di più semplice utilizzo. Essendo infatti le accelerazioni collegate alle forze istantanee agenti, esso consente un progetto sismico in termini di forze, tenendo poi conto della dissipazione strutturale in via forfetaria tramite un fattore di comportamento (o di struttura).
Osservazioni
Cautele nell’utilizzo dei risultati in termini di Spettri in accelerazione
Nelle analisi con Spettro di risposta non si deve mai dimenticare che il problema sismico è fortemente semplificato e non bisogna mai (come spesso invece si vede fare) dimenticarne le ipotesi, soprattutto nell’utilizzo del fattore di comportamento.
Il problema dinamico, infatti, è di fatto aggirato, e la durata, in particolare, scompare totalmente (resta implicito solo nel fattore di comportamento). Lo spettro di progetto, quindi, viene ricavato presumendo un certo comportamento della struttura, indefinitamente stabile nel tempo, e presupponendo che siano le accelerazioni (o le forze) a governare questo comportamento.
Nella realtà, effettuando le analisi strutturali a partire dagli accelerogrammi, quindi con tecnica time history, si osserva che non è in termini di forze che si dovrebbe ragionare, bensì in termini energetici: quindi energia dell’accelerogramma trasmesso alla struttura ed energia per dissipazione strutturale, quest’ultima solitamente degradante in funzione della durata.
Ne consegue che i picchi degli spettri elastici in accelerazione hanno poco significato ingegneristico, sia perché legati ad un comportamento elastico, che non esiste, sia perché tutto il problema della dissipazione è ricondotto ad un nuomero forfetario (il fattore di comportamento).
Cautele nella scelta degli accelerogrammi di input
Nella definizione dello spettro in accelerazione, la normativa suggerisce di utilizzare più accelerogrammi e di calcolarne il valor medio per ciascun periodo dello spettro. E’ evidente lo scopo: infatti l’utilizzo di pochi accelerogrammi rischierebbe di non cogliere i periodi (o le frequenze) in cui il terreno può amplificare il moto.